25 apr 2009

Acetali e Carboidrati I



Acetali e Carboidrati I




E’ opportuno analizzare con maggiori dettagli la struttura del gruppo funzionale che caratterizza le aldeidi e i chetoni: il gruppo carbonilico. 


Come sappiamo questa funzionalità presenta il carbonio carbonilico ibridato sp2, impegnato in un doppio legame con l’ossigeno. Il gruppo carbonilico è fortemente polarizzato, data la differenza di elettronegatività tra l’ossigeno ed il carbonio. La reattività di questo gruppo funzionale è governata da questa polarizzazione. 


Formalmente, è possibile scrivere una struttura limite di risonanza con completa separazione di carica, ma il suo contributo alla struttura reale non è rilevante, avendo una energia più alta della struttura senza separazione di carica.






Se ad una soluzione di un composto carbonilico in un alcool, viene aggiunta una piccola quantità di un acido forte, si può osservare la rapida formazione di nuove specie molecolari stabili, chiamate acetali, derivanti dall’addizione dell’ossigeno dell’alcool al carbonio carbonilico. 


L’acido agisce da catalizzatore, abbassando l’energia della struttura con la carica positiva sul carbonio. L’addizione di una sola molecola di alcool porta alla formazione di un emiacetale.







Il prodotto che si forma, l’emiacetale, può addizionare una seconda molecola di alcool, convertendosi definitivamente in un acetale. Dopo la protonazione reversibile dell’ossidrile, la fuoriuscita di una molecola di H2O porta alla formazione di un carbocatione stabilizzato per risonanza. 


Quest’ultimo subisce il facile attacco dalla seconda molecola di alcool.







Come si vede la formazione di acetali avviene attraverso la successione di una serie di processi reversibili. Il controllo di questi processi rende quindi possibile favorire la loro formazione, ma anche la loro l’idrolisi. Acetali da aldeidi e chetoni e viceversa. 


 Se in una molecola sono presenti una funzione carbonilica ed un gruppo ossidrilico, si possono formare emiacetali ciclici. Quelli più stabili sono cicli a 5 e a 6 termini, quindi con l’ossigeno che occupa una posizione nel ciclo.




Attraverso la fotosintesi clorofilliana vengono assorbiti CO2 e H2O dall’ambiente e vengono prodotte molecole poliidrossi-carboniliche, i carboidrati, rilasciando ossigeno molecolare. Ad esempio il glucosio si forma da 6 molecole di CO2:


6CO2 + 6H2O + hv = C6H12O6 + 6O2


Queste reazioni sono rese possibili dall’azione diretta della luce solare che attiva la clorofilla. Le molecole ottenute sono molto ricche di energia, perché presentano atomi di carbonio ridotti rispetto alla CO2


Gli organismi viventi sostengono il loro metabolismo consumando glucosio e ossigeno, producendo anidride carbonica e sfruttano proprio l’energia incorporata nei legami C-H presenti in queste molecole.


C6H12O6 + 6O2 = 6H2O + 6CO2 +ENERGIA




Abbiamo già incontrato una poliidrossialdeide, la D-gliceraldeide (2,3-didrossi propanale). Altre molecole di questo tipo, fondamentali per la nostra esistenza, sono il D-ribosio, il D-glucosio e il D-fruttosio.







Se al carbonio carbonilico della D-gliceraldeide (che è una diidrossialdeide) addizioniamo formalmente un’altro atomo di carbonio e una molecola di H2O, si crea un nuovo centro chirale, con formazione di 2 nuove triidrossialdeidi, chiamate D-aldotetrosi, il D-eritrosio ed il D-treosio. 


Ripetendo l’addizione su questi 2 D-aldotetrosi, otteniamo 4 D-aldopentosi (tetraidrossialdeidi). Da questi ultimi si formano infine 8 D-aldoesosi (pentaidrossialdeidi).




I D-aldopentosi e i D-aldoesosi si trovano in natura in forma di emiacetali o acetali ciclici.


La ciclizzazione reversibile può avvenire per addizione dell’ossidrile in posizione  4, portando a composti in forma furanosica, oppure per addizione dell'ossidrile in 5, a composti in forma piranosica


La formazione del nuovo stereo centro porta alla formazione in tutti i casi alla formazione di due molecole diasterisomeriche, definite anomeri alfa e beta.



22 apr 2009

Separazioni di miscele di sostanze organiche

Separazioni di miscele di sostanze organiche

Abbiamo già incontrato gli acidi bicarbossilici. Quelli presenti ad esempio in un vino, sono l’acido succinico, malico e tartarico. Essi concorrono a quella che viene definita acidità non volatile. La presenza delle due funzioni carbossiliche ed in alcuni anche di funzioni ossidriliche rendono queste sostanze particolarmente solubili in H2O. 


Inoltre abbiamo già anche osservato che esistono 2 acidi malici (D e L) in relazione alla configurazione presente sul C-2. Abbiamo anche visto che gli acidi tartarici sono 3 e non 4, come ci si aspetterebbe, per la presenza di una forma meso.



Nella stragrande maggioranza dei casi, le sostanze organiche non sono sufficientemente polari da essere solubili in H2O, ma generalmente esse si solubilizzano in svariati solventi organici, di diversa polarità come il metanolo: CH3OH, il cloroformio: CHCl3, l’acetato di etile, CH3COOCH2CH3, il dietiletere: (C2H5)2O , l’esano: C6H14 etc. 


Tuttavia, la presenza di funzionalità acide o basiche in una molecola organica può consentire un loro facile isolamento da una miscela. Consideriamo ad esempio una miscela di sostanze organiche costituita da un acido, da una base e da una sostanza neutra:



Come ben sappiamo i sali, essendo costituiti da ioni, generalmente sono solubili in acqua. Se dunque sciogliamo la miscela, ad esempio in dietiletere, e alla soluzione ottenuta aggiungiamo, in un imbuto separatore, una soluzione acquosa di NaOH 1 M ed agitiamo tutto il contenuto, si possono osservare 2 fasi, una acquosa più densa contenente il sale sodico dell’acido carbossilico ed una fase eterea, contenente le altre due sostanze. 


Basta separare le fasi e otteniamo cosi la fase acquosa contenente solo il sale sodico del’acido carbossilico.




Per ottenere l’acido in forma indissociata, basta aggiungere un acido forte che converte la base carbossilato in un gruppo carbossilico:





Per isolare le altre sostanze dalla miscela presente in fase organica, basta aggiungere una soluzione acquosa di acido cloridrico 1M, che converte l’ammina nel suo cloridrato, che è solubile in acqua. 


La sostanza neutra è a questo punto l’unica che rimane in fase organica. Infine per recuperare l’ammina dalla fase acquosa basta aggiungere una soluzione 3M di NaOH, e riestrarre in etere.




Può capitare di dover separare due sostanze che presentano le stesse caratteristiche acide, ma di forza differente. 


Ad esempio si abbia una miscela costituita da fenolo e acido benzoico:



Dal confronto dei pKa si nota che il fenolo è molto meno acido dell’acido benzoico di un fattore 10e5. Come possiamo sfruttare questa differenza di acidità per separare queste due sostanze? 


Se in questo caso utilizziamo NaOH salifichiamo entrambi gli acidi, infatti si ha:



I valori delle costanti di equilibrio per queste reazioni sono elevati e quindi le scriviamo con una sola freccia verso destra. 


Proviamo invece ad usare una base più debole, per esempio una soluzione acquosa contenente lo ione HCO3-, che è una base debole ed è coniugata all’acido carbonio secondo l’equilibrio: 


H2CO3 + H20 = HCO3- + H3O+ con un Ka1 = 10-7




Si trova facilmente che la reazione dello ione bicarbonato con l’acido carbossilico è praticamente completa (K = 10e2), mentre quella con il fenolo non avviene in maniera significativa (K = 10-3).


Cromatografia: le miscele di sostanze organiche che non contengono gruppi funzionali auto-ionizzabili possono essere separate nei loro componenti applicando della tecniche conosciute come cromatografiche. In pratica si sfrutta la polarità delle molecole e i diversi equilibri di ripartizione che si instaurano quando esse vengono lasciate adsorbite su di una fase stazionaria ed eluite con un solvente.


Di seguito è mostrata una Thin Layer Chromatography che mostra una separazione di una miscela di sostanze adsorbite su di una lastrina di silice ed eluite con un solvente poco polare. Si osserva che le sostanze si separano percorrendo distanze diverse sulla TLC. Questa indicazione è di solito sufficiente perché una miscela possa essere separate nei singoli componenti.

15 apr 2009

Composti Aromatici II



Composti aromatici.


L’aromaticità è una proprietà delle molecole cicliche, ricche di elettroni pi-greca, e non è limitata alle molecole neutre, ma si può manifestare anche in specie ioniche. Ecco alcuni esempi che consentono di chiarire e generalizzare questa importante proprietà, che governa in molti casi le proprietà chimiche di numerose molecole organiche.


a) Il 3-clorociclopropene, in molti solventi polari, si dissocia proprio come se fosse un sale: uno ione positivo e uno ione cloruro. Lo ione ciclopropenilio mostra caratteristiche aromatiche. 


Infatti è ciclico, tutti e 3 gli atomi di carbonio sono ibridati sp2 (e quindi due hanno i rimanenti orbitali p mono-occupati mentre il 3° carbonio, ha l’orbitale p vuoto) e possiede complessivamente 2 elettroni pi-greca, che soddisfano la relazione 4n+2 per n = 0. Per esso si possono scrivere ben 3 forme di risonanza equivalenti, isoenergetiche, che spiegano la particolare stabilità di questo ione.





b) Gli idrocarburi non mostrano nessuna propensione a comportarsi come acidi. Ad esempio il ciclopentano ha un pKa di circa 50. Il dato indica praticamente che questa molecola non cederà mai protoni. Invece la rimozione di un protone da uno dei 2 atomi di carbonio del doppio legame presente nel ciclopentene è un processo governato da un pKa di circa 40. 


Questo dato indica che la rimozione di un protone da un carbonio ibridato sp2 è favorita di un fattore 10e10 rispetto allo stesso processo a carico di un carbonio ibridato sp3. Insolitamente l’1,3-ciclopentadiene mostra un pKa di 15 per il processo che governa la rimozione di un protone dall’unico carbonio ibridato sp3. L’ 1,3-ciclopentadiene mostra l’acidità tipica di un alcole (!!!) ben 10e35 volte superiore al ciclopentano!








Anche in questo caso l’anione che si forma è uno ione aromatico (ha 6 elettroni pi-greca, 4n + 2 = 6 per n =1) fortemente stabilizzato per risonanza. La sua natura è meglio descrivibile con un cerchietto con una carica negativa:









c) Anche molecole contenenti eteroatomi nell’anello possono mostrare le caratteristiche proprietà aromatiche. Consideriamo due molecole eterocicliche contenenti nell’anello un atomo di azoto, il pirrolo e la piridina:






In analogia a moltissime altre molecole organiche contenenti azoto, ci si aspetterebbe che entrambe mostrassero proprietà basiche, per la presenza di una coppia di elettroni non condivisa sull’atomo di azoto.

In pratica la piridina mostra proprietà basiche, mentre il pirrolo non lo è affatto. In entrambe le molecole l’atomo di azoto è ibridato sp2. Nel caso del pirrolo la coppia di elettroni non condivisa si trova in un orbitale p e partecipa a determinare l’aromaticità della molecola, contribuendo a raggiungere i complessivi 6 elettroni Pigreca. 


Dunque essi non sono disponibili per legare un protone. Nel caso della piridina, la coppia di elettroni non condivisa si trova in un orbitale sp2, e non è coinvolta nella formazione del sistema aromatico. Può quindi essere impiegata per legare un protone.

Fenoli e polifenoli



I fenoli sono composti che presentano un gruppo ossidrilico direttamente legato all’anello aromatico. Essi, insieme ai loro eteri, sono molto diffusi in natura ed hanno dei nomi comuni:








La prima importante conseguenza di questa condizione si riflette sul marcato aumento di l’acidità di queste molecole, rispetto ai corrispondenti alcoli ciclo-alifataci.


I fenoli sono in genere meno acidi - per diversi ordini di grandezza - degli acidi carbossilici, ma molto più acidi degli alcoli. 


Paragoniamo l’acidità del fenolo con quella del cicloesanolo:




La differenza è, a questo punto, facilmente spiegabile in termini di strutture di risonanza dello ione fenato, che prevedono la delocalizzazione della carica negativa che si forma sull’ossigeno sulle posizione 2-4-6 dell’anello aromatico. 


La carica negativa che si forma sull’ossigeno dell’anione cicloesanoato è confinata esclusivamente su questo atomo.





I sostituenti presenti sull’anello aromatico possono modificare significativamente l’acidità. I metili, che hanno un lieve effetto elettron- donatore, diminuiscono l’acidità, mentre gruppi fortemente elettron-attrattori come ciano, alogeni e nitro determinano un notevole aumento di acidità, sia per effetto elettronico sia per effetto di risonanza






In quest’ultimo caso essi sono capaci di contribuire con ulteriori strutture di risonanza alla stabilità dello ione fenato, determinano un aumento della acidità. L’effetto aumenta con l’aumentare del numero di sostituenti dello stesso tipo.

Infine alcune osservazioni sui colori del mondo vegetale, che per la gran parte sono costituiti da antocianine, generalmente presenti come glicosidi. Tre sono le antocianine importanti: la cianidina (ciliegie, mirtilli), la pelargonidina (geranio) e la delfinidina (uva) le cui strutture sono di seguito illustrate.






Da osservare, la presenza di un atomo di ossigeno che porta una carica positiva, avendo utilizzato uno dei suoi due doppietti elettronici disponibili per conferire aromaticità all’anello centrale, favorendo la stabilità di questi composti. La formazione di un sistema aromatico cosi esteso, infatti, determina la  formazione di orbitali molecolari a bassa energia nei quali vengono allocati gli elettroni pi-greca, e la  transizione tra i vari livelli energetici è realizzata assorbendo quanti di energia nel spettro visibile,  colorando cosi le matrici vegetali che li contengono.

13 apr 2009

Composti Aromatici I

Composti aromatici.


Quando si tratta molecole contenenti atomi di carbonio impegnati in doppi legami (ibridati sp2) cioè alcheni, dieni, etc., con dei reagenti elettrofili (cioè poveri di elettroni, che hanno affinità per gli elettroni), per esempio il bromo molecolare, di solito si osservano i rispettivi prodotti di addizione, con la conversione di tutti i carboni olefinici ibridati sp2, in carboni saturi, ibridati sp3. Tuttavia se si tratta in queste condizioni un ipotetico 1,3,5-cicloesatriene non si osserva alcuna tipo di reazione



Quando invece si effettua l’addizione di idrogeno molecolare a questi sistemi, si osserva che questi processi generalmente sono esotermici, liberando una quantità di calore che può essere misurata con molta precisione. Si osserva che doppi legami isolati forniscono Q1 o suoi multipli. Ma 2 doppi legami coniugati (cioè con 4 consecutivi atomi carbonio ibridati sp2) forniscono una valore Q2 che è minore di 2Q1. Nel caso si compie una idrogenazione dell’ipotetico 1,3,5-cicloesatriene, la quantità di calore Q4 che si misura è decisamente minore del valore teorico atteso, 3Q1.



Queste osservazioni sperimentali forniscono indicazione circa la stabilità di molecole cicliche con 3 doppi legami coniugati. Questi sistemi sono decisamente più stabili di sistemi con doppi legami isolati, e generalmente sono poco propensi a lasciare questa condizione di extra-stabilità. Questa energia di extra-stabilizzazione è definita aromaticità e tra origine dalla formazione di orbitali molecolari a bassa energia in cui sono allocati i sei elettroni pi greca. In figura è rappresentato l’orbitale molecolare a più bassa energia



L’ipotetico 1,3,5-cicloesatriene in realtà non esiste, ma esiste il benzene, nel quale le distanze carbonio-carbonio sono tutte uguali, intermedie tra un legame semplice e uno doppio. Di conseguenza la struttura con 3 doppi legami localizzati non é sufficiente a descrive la realtà fisica di questa molecola. Avremmo bisogno di almeno 2 forme limiti di risonanza. Si preferisce quindi non indicare l’esatta localizzazione di questi elettroni pi-greca, ma piuttosto si usa un cerchietto che sta ad indicare la completa delocalizzazione di questi  elettroni.
Inoltre il concetto di aromaticità è completamente generalizzabile a tutti i sistemi carbociclici od eterociclici per i quali valgono le seguenti regole:

1. la molecola deve essere ciclica
2. tutti gli atomi costituenti il ciclo devono essere ibridati sp2
3. la somma di tutti gli elettroni pi-greca deve corrispondere a 4n+2, dove n è un qualsiasi numero intero, zero incluso.




Molecole ricche di elettroni pi greca, ma con questa proprietà di aromaticità, mostrano una reattività diversa dai normali alcheni. Esse non danno reazioni di addizione, bensì in opportune condizioni, portano a prodotti di sostituzione, conservando in ogni caso i 4n+2 elettroni pi-greca.




La nomenclatura dei derivati del benzene mono o polisostituiti è ricca di nomi convenzionali. Ad esempio esistono 3 diversi dimetil-benzeni, generalmente sono indicati come xileni. Quando i sostituenti sono in posizione 1,2 si usa un prefisso orto. Nel caso siano 1,3 meta e 1,4 para. Quando ci troviamo di fronte a benzeni polisostituiti il nome va generato elencando i sostituenti in ordine alfabetico, usando numeri più bassi possibile.


Stereochimica II

Attribuzione della configurazione assoluta ad uno stereo-centro (carbonio asimmetrico)

a) in primo luogo vanno assegnate le priorità ai 4 sostituenti legati al carbonio sp3. Questo viene fatto confrontando il numero di massa dei singoli atomi. Se gli atomi sono gli stessi vanno considerati quelli legati in successione.
b) l’osservazione va compiuta disponendosi dalla parte opposta al sostituente con priorità minore.
c) Va determinato il senso di rotazione che conduce dal sostituente a priorità maggiore a quello con priorità minore. Se la rotazione è oraria allora la configurazione è R. Nel caso opposto è S.




L’esempio che segue è condotto sulla assegnazione delle configurazioni assolute dell’acido lattico (2-idrossipropanoico)



Molecole con 2 centri chirali. Il numero massimo di stereoisomeri in molecole organiche contenenti n-carboni chirali è dato da 2 elevato ad n. In pratica il numero di stereoisomeri possibili può essere minore di 2 elevato ad n per la presenza di piani di simmetria molecolari che rendono indistinguibili coppie di stereoisomeri. 


Il caso dell’acido tartarico: Gli stereoisomeri possibili, distinguibili, dotati di esistenza propria, sono 3 e non 4. In questo esempio  incontriamo molecole non chirali, ma contenenti carboni asimmetrici. Esse vengono definite composti meso e non ruotano il piano della luce polarizzata.



La rappresentazione stereochimica assoluta dei quattro sostituenti attorno ad un carbonio asimmetrico è stata resa possibile solo a partire dagli anni ’50, quando sono cominciate ad affermarsi le tecniche di cristallografia a RX. Fino a quel tempo la rappresentazione delle molecole contenenti carboni asimmetrici era assegnata dalle regole della stereochimica relativa, fondata da E. Fischer, studiando la gliceraldeide.

2 apr 2009

Stereochimica I

La rappresentazione tridimensionale delle strutture molecolari. 

La stereochimica. Oggetti chirali e oggetti non chirali. Una beuta da laboratorio (oggetto non chirale) ha un piano di simmetria. Una mano (oggetto chirale) non ha un piano di simmetria: mentre in (a) le due metà sono immagini speculari in (b) non lo sono.



Una qualunque molecola che presenta un piano di simmetria non può essere chirale (è quindi achirale). La causa più comune che rende una molecola chirale è la presenza di atomi di carbonio legati a quattro gruppi differenti. Questi atomi di carbonio vengoni definiti stereocentri o carboni asimmetrici. Considerando le immagini speculari ottenute avvicinando le strutture tipo CH3X, CH2XY, CHXYZ in uno specchio, si puo osservare che solo l'ultima ha una immagine speculare che non è sovrapponibile alla molecola originale. Dunque in molecole del tipo CHXYZ, in cui l'atomo di carbonio è sempre ibridato sp3, i quattro gruppi legati al carbonio centrale possono assumere due diverse disposizioni spaziali. Possono quindi esistere due entità molecolari distinte, del tipo CHXYZ, ognuna dotata di propria realtà fisica. 
Le due entità vengono definite enantiomeri.


E' facile osservare come ad esempio l'acido propanoico è una molecola achirale perchè possiede un piano di simmetria, mentre l'acido 2-idrossipropanoico (acido lattico) è una molecola chirale che quindi esiste come coppia di enantiomeri:



La stereochimica nasce da osservazioni sperimentali (Jean Baptiste Biot) circa la capacità di alcune sostanze naturali di ruotare il piano della luce polarizzata. In pratica facendo passare un fascio luminoso ordinario (che ha infiniti piani di propagazione) attravero un polarizzatore, per esempio uno strato di quarzo, (SiO2)n dove il silicio è ibridato sp3, ne fuoriescono onde elettromagnetiche oscillanti in un unico piano di propagazione. Se questo fascio di luce polarizzata attraversa una soluzione di particolari molecole organiche, esso viene deviato di un certo angolo rispetto al punto di incidenza. Le molecole che hanno questa caratteristica si definiscono quindi otticamente attive. La misura di questa proprietà può essere eseguita in un polarimetro: