La rappresentazione tridimensionale delle strutture molecolari.
La stereochimica. Oggetti chirali e oggetti non chirali. Una beuta da laboratorio (oggetto non chirale) ha un piano di simmetria. Una mano (oggetto chirale) non ha un piano di simmetria: mentre in (a) le due metà sono immagini speculari in (b) non lo sono.
Una qualunque molecola che presenta un piano di simmetria non può essere chirale (è quindi achirale). La causa più comune che rende una molecola chirale è la presenza di atomi di carbonio legati a quattro gruppi differenti. Questi atomi di carbonio vengoni definiti stereocentri o carboni asimmetrici. Considerando le immagini speculari ottenute avvicinando le strutture tipo CH3X, CH2XY, CHXYZ in uno specchio, si puo osservare che solo l'ultima ha una immagine speculare che non è sovrapponibile alla molecola originale. Dunque in molecole del tipo CHXYZ, in cui l'atomo di carbonio è sempre ibridato sp3, i quattro gruppi legati al carbonio centrale possono assumere due diverse disposizioni spaziali. Possono quindi esistere due entità molecolari distinte, del tipo CHXYZ, ognuna dotata di propria realtà fisica.
Le due entità vengono definite enantiomeri.
E' facile osservare come ad esempio l'acido propanoico è una molecola achirale perchè possiede un piano di simmetria, mentre l'acido 2-idrossipropanoico (acido lattico) è una molecola chirale che quindi esiste come coppia di enantiomeri:
La stereochimica nasce da osservazioni sperimentali (Jean Baptiste Biot) circa la capacità di alcune sostanze naturali di ruotare il piano della luce polarizzata. In pratica facendo passare un fascio luminoso ordinario (che ha infiniti piani di propagazione) attravero un polarizzatore, per esempio uno strato di quarzo, (SiO2)n dove il silicio è ibridato sp3, ne fuoriescono onde elettromagnetiche oscillanti in un unico piano di propagazione. Se questo fascio di luce polarizzata attraversa una soluzione di particolari molecole organiche, esso viene deviato di un certo angolo rispetto al punto di incidenza. Le molecole che hanno questa caratteristica si definiscono quindi otticamente attive. La misura di questa proprietà può essere eseguita in un polarimetro:
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